Negli anni Ottanta, l’Italia è stata scossa da una serie di crimini brutali, eseguiti da un gruppo che si autoproclamava “Ludwig”. Questi atti di violenza hanno gettato un’ombra sul paese, rivelando il volto oscuro dell’estremismo ideologico e della violenza religiosa. Dietro al nome di “Ludwig” si nascondevano Wolfgang Abel e Marco Furlan, due giovani veneti accomunati da un fanatismo omicida, che si macchiarono di una serie di delitti efferati, giustificandoli con una crociata contro “tutto ciò che ritenevano immorale”. Negli anni Settanta e Ottanta, l’Italia era attraversata da forti tensioni sociali e politiche. L’estremismo politico, sia di destra che di sinistra, dava vita a gruppi armati che compivano atti di terrorismo e violenza. In questo contesto, emerge il gruppo Ludwig, caratterizzato da una violenza che affondava le radici in un misto di ideologia neo-nazista e fanatismo religioso. Il nome “Ludwig” fu scelto in onore di Ludwig II di Baviera, simbolo di un ideale aristocratico decadente e di un romanticismo privo di legami con la realtà. Tuttavia, a differenza di molti altri gruppi dell’epoca, Ludwig non era politicamente schierato in modo esplicito, preferendo agire seguendo un personale codice di “purificazione morale”. I loro obiettivi principali erano persone e luoghi che, secondo la loro visione distorta, rappresentavano la corruzione della società: omosessuali, tossicodipendenti, cinema a luci rosse e prostitute. Tra il 1977 e il 1984, il gruppo Ludwig portò a termine una serie di attentati e omicidi in diverse città del Nord Italia, causando almeno 15 vittime. Il modus operandi era particolarmente violento e spietato: spesso le vittime venivano colpite con armi da taglio, arse vive o uccise con brutalità disumana. Il loro primo omicidio accertato avvenne nel 1977 a Verona, quando un barbone venne bruciato vivo. Questo crimine fu solo l’inizio di una lunga serie di delitti, che colpivano le persone più vulnerabili o coloro che, secondo la loro visione, rappresentavano un pericolo morale per la società. Uno degli episodi più eclatanti fu l’attentato incendiario al cinema Eros di Milano nel 1983, che causò la morte di sei persone. Abel e Furlan, travestiti e con una preparazione maniacale, avevano sigillato le porte di emergenza per impedire la fuga degli spettatori. L’incendio venne appiccato utilizzando esplosivi rudimentali, causando una tragedia immane. L’attacco venne giustificato dai due con la motivazione di combattere la corruzione morale rappresentata dal cinema pornografico. L’epilogo della loro sanguinosa carriera arrivò il 4 marzo 1984 a Castiglione delle Stiviere, quando Abel e Furlan furono sorpresi dalla polizia mentre tentavano di appiccare un altro incendio durante il carnevale. A fermarli furono i sospetti destati dal comportamento dei due, che portavano con sé delle taniche di benzina. La loro cattura pose fine a sette anni di terrore. Il processo contro Abel e Furlan fu uno dei più seguiti degli anni Ottanta. La difesa dei due giovani, basata sulla presunta instabilità mentale, non riuscì a scalfire le accuse di omicidio premeditato. Furono condannati all’ergastolo nel 1987, ma la sentenza venne ridotta a 30 anni in appello, grazie al riconoscimento di infermità mentale parziale. La loro condanna definitiva fu confermata nel 1991. Uno degli aspetti più inquietanti del caso Ludwig è legato alla motivazione dietro i crimini. Abel e Furlan, entrambi figli di famiglie benestanti e studenti brillanti, non agivano per denaro o per motivi di vendetta personale. Le loro azioni erano mosse da una convinzione ideologica e religiosa profondamente deviata. Nel loro delirio, si percepivano come strumenti di una missione divina per ripulire la società da tutto ciò che ritenevano “impuro”. Questa convinzione li portava a scegliere le vittime con un criterio apparentemente “morale”, trasformando ogni omicidio in una sorta di sacrificio purificatore. L’aspetto psicologico dei due criminali fu analizzato a fondo durante il processo. Pur riconosciuti parzialmente infermi di mente, Abel e Furlan dimostravano un’agghiacciante lucidità nella pianificazione e nell’esecuzione dei crimini. I diari e i documenti ritrovati nelle loro case rivelarono un fanatismo inquietante, che mischiava simbolismo nazista, esaltazione della purezza razziale e idee religiose distorte. Il caso Ludwig ha lasciato un segno indelebile nella cronaca nera italiana. Rappresenta uno degli esempi più estremi di come ideologia, religione e violenza possano intrecciarsi, creando un mix letale. Ancora oggi, gli omicidi del gruppo Ludwig suscitano dibattiti sul fanatismo e sulle devianze sociali, mettendo in luce le radici dell’odio che possono germogliare anche in contesti apparentemente normali. La storia di Abel e Furlan continua a essere studiata da criminologi e psicologi, interessati a comprendere come due giovani, con prospettive di vita apparentemente serene, abbiano potuto intraprendere un cammino di distruzione così feroce. In definitiva, il caso Ludwig rimane uno dei capitoli più oscuri e controversi della cronaca italiana, un esempio di come la violenza possa nascere dalle idee, e di come sia fondamentale vigilare affinché fanatismo e odio non trovino terreno fertile nella società.